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POST SETTEMBRE 2022:

Riflessioni sulla saggezza Yoga

Le 5 qualità del successo nella ricerca spirituale

 

Nel primo capitolo del suo trattato, o Samadhi Pada, il grande saggio Patanjali, al sutra 20, ci fornisce uno spunto secondo me fondamentale, elencando 5 qualità da coltivare che possono aiutare il sadhaka, o colui che pratica lo Yoga, ad arrivare allo stato di coscienza più alta, o Asamprajnata samadhi.

Queste qualità, in realtà, possono aiutare l’individuo a qualunque livello si trovi sul suo percorso di crescita e possono essere applicate in ogni situazione di vita, che sia il lavoro, le relazioni, lo sport, l’alimentazione, la musica, l’arte e così via.

Il sutra, o versetto recita così: Sradda Viryam Smrti Samadhi Prajna Purvaka Itaresam.

Tradotto: Per alcuni ricercatori, la fede, il coraggio e il vigore, la memoria, il samadhi e il saggio discernimento precedono l’ottenimento di asamprajnata samadhi.

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Post agosto 2022: Vivere lo Yoga nel mondo

La realizzazione del Sè e l'importanza della pratica

La realizzazione del Sè e l'importanza della pratica

La realizzazione del Sè non è qualcosa che si può imparare dai libri; viene solo attraverso l'esperienza personale. La realizzazione della Verità, l'esperienza di Dio – non solo il dogma – è ciò che ogni religione dovrebbe portare ai suoi seguaci. Non voglio che le persone pensino di poter raggiungere la realizzazione semplicemente ascoltando gli altri o leggendo libri. Devono esercitarsi su ciò che leggono e ascoltano. Devi conoscere la differenza tra immaginazione, conoscenza teorica e vera realizzazione. Potresti nutrirti ascoltando solo un discorso sul cibo? Conoscere il cibo solo in teoria significa rimanere sempre affamati. Devi mangiare per soddisfare la fame. Quindi colui che cerca continuamente nuove dottrine ma non le mette in pratica nella sua vita è in continua fame spirituale. L'uomo di autorealizzazione conosce una beatitudine che non può essere paragonata a nulla in questo mondo. La sua gioia è indipendente da qualsiasi oggetto o esperienza sensoriale. È una felicità incomparabile che non può essere descritta a parole. Tale gioia è conosciuta come sattvik-ananda (pura beatitudine). La realizzazione di Dio è lo stato più difficile da raggiungere. Nessuno s’illuda, né pensi che qualcun altro possa "dargliela". Ogni volta che cadevo in uno stato di ristagno mentale, il mio Maestro non poteva fare nulla per me. Ma non ho mai rinunciato a cercare di tenermi in sintonia con lui eseguendo allegramente qualunque cosa mi chiedesse di fare. "Sono venuto da lui per la realizzazione di Dio", ho ragionato, "e devo ascoltare ogni suo consiglio".

Commento:

I grandi Yogi indiani dicono che vale più un grammo di pratica che una tonnellata di teoria. Quanto è vera questa affermazione, e quanti ricercatori ho conosciuto che, pur essendo sinceramente alla ricerca della Verità, continuano ad annaspare affannosamente dietro libri, conferenze, maestri veri o autoproclamati, non riuscendo a capire che per sfamarsi devono assaggiare loro stessi il cibo dell’estasi meditativa. Continuano in questo modo a cercare scorciatoie e trucchi vari per arrivare a ciò che può essere raggiunto solo applicando con costanza, risolutezza ed entusiasmo le pratiche insegnate da un vero Maestro e che può richiedere tanto tempo quanto il nostro karma, lo sforzo personale e la Grazia (Kripa) del Divino ci concede.

Patanjali dice che si arriva al risveglio spirituale attraverso la pratica (Abhyasa) e il distacco (Vairagya) e che ci sono 4 punti fondamentali da rispettare affinché la pratica possa dare i suoi frutti al meglio:

1-      Deve essere eseguita correttamente o asevitah. Per questo è importante almeno all’inizio la guida di un maestro esperto che guidi il sadhaka e gli insegni la corretta esecuzione delle tecniche. Una pratica corretta può portare alla liberazione della coscienza, mentre una sbagliata può essere una perdita di tempo, non darci tutti i risultati che potremmo ottenere, o addirittura essere dannosa.

2-      La pratica deve essere eseguita regolarmente e senza interruzioni o nairantaya, ossia deve divenire un lavoro svolto a tempo pieno, che come un filo continuo deve tessere la trama di ogni giorno della nostra vita. Non puoi pensare di arrivare alla realizzazione del Sé praticando a giorni alterni, quando ne hai voglia, o nei fine settimana. Regolarmente significa che stabilisco una sadhana e la porto a termine ogni giorno.

3-      Praticare con devozione e dedizione totale o satkara, significa che ho fede negli insegnamenti e nei Maestri della tradizione che seguo e sono certo che se pratico in certo modo arriverò alla meta. Mi dedico così con tutto me stesso alla sadhana ed elimino tutto ciò che non è affine a essa e tutto ciò che non è essenziale. Tenersi in sintonia con la coscienza del Proprio Guru o di un grande Maestro è fondamentale, perché permette col tempo di elevare le nostre vibrazioni, rendendole affini alle Sue.

4-      Per un lungo tempo o dirghakala, significa che non posso aspettarmi di risvegliarmi in un giorno o con qualche mese di pratica, a meno di non avere un karma eccezionale. Significa che sono determinato a portare avanti la mia dedizione allo Yoga fino alla fine di questa vita terrena. Lungo tempo significa quindi niente di meno che tutta la vita.

Giovanni (Mukundadas)

La sadhana spirituale

Consigli per una pratica spirituale efficace e corretta

Post 5 Maggio 2020. L'arte della concentrazione

In questo post viene trattato l'argomento della concentrazione, cos'è, come coltivarla e come può migliorare la nostra vita.

Alla fine del post, a richiesta, la ricetta del Babaji banana bread.

Namaste